Un incidente che si poteva evitare?
Secondo l’esperto in danni navali E.S. Geary la tragedia del Cheeki Rafiki non è stata un incidente, e la morte dei quattro marinai potrebbe avere un responsabile. Vi riportiamo in modo assolutamente imparziale le sue parole:
“Al momento la perdita della nave è vista come uno sfortunato incidente ma non è stato un incidente!
La tragica morte dei quattro velisti e la perdita dello yacht è stato il risultato dell’incompetenza e della negligenza di qualcuno: coloro che erano responsabili della cura e della manutenzione della barca. Avendo recentemente affrontato un certo numero perizie su barche con carenze simili ritengo che la causa di questa tragedia sia ovvia.
Nel primo messaggio lo skipper ha riportato che lo scafo stava imbarcando acqua ed ha chiesto il permesso agli armatori di fare rotta per le Azzorre; la situazione non sembrava così grave. E’ evidente che l’ingresso d’acqua riferito dallo skipper è stato causato dai bulloni della chiglia che hanno perso integrità. I bulloni della chiglia erano lenti e le infiltrazioni d’acqua, come testimoniano le macchie di ruggine sulle aperture, potrebbero aver provocato la corrosione o fatica del metallo. Il loro cedimento finale ha permesso alla chiglia di separarsi dallo scafo. I bulloni della chiglia serrati non cedono, quelli sciolti si!
Quando si è verificato il cedimento totale dei bulloni il bulbo è affondato liberamente, causando danni allo scafo.
Un faro localizzatore è stato immesso nella barca, che potrebbe essere recuperata, ma il bulbo non sarà mai trovato. A meno che non perda la sua spinta di galleggiamento, lo scafo proseguirà nelle correnti prevalenti verso l’Irlanda e potrebbe, se necessario, in un successivo contenzioso, essere recuperato.
Anche se non ci sono prove a sostegno della loro teoria, alcuni ‘esperti’ hanno ipotizzato che la chiglia potrebbe aver colpito un oggetto semi sommerso come un container. Senza alcun segno di impatto sullo scafo però non vi è alcuna base a sostegno di questa teoria. Inoltre, se anche la chiglia avesse colpito qualcosa sarebbe irrilevante considerando le aperture intatte dei bulloni a prua e a poppa della chiglia; la loro separazione netta indica che i bulloni erano indeboliti.
Durante il viaggio di 640 miglia i 3500 kg di chiglia sono rimasti assicurati alla superficie della carena dai bulloni difettosi che inizialmente hanno permesso alla chiglia di muoversi, con un ingresso limitato di acqua. Ad insaputa dell’equipaggio lo stato del mare avrebbe aggravato e accelerato il collasso finale, la chiglia avrebbe subito un movimento oscillante, prima di staccarsi dallo scafo.
Lo scafo scuffiato del Cheeki Rafiki è stato trovato e la foto conferma il cedimento dei bulloni della chiglia che ha portato alla perdita del bulbo e l’innalzamento del baricentro, provocando il ribaltamento immediato dell’imbarcazione. L’equipaggio indossava probabilmente i giubbotti salvataggio, la life line e, considerando la zona dell’Atlantico, probabilmente aveva anche le tute termiche. Ma quando la chiglia si è staccata dallo scafo, di notte nei mari turbolenti con forti venti, l’equipaggio di quattro uomini avrebbe avuto poco tempo per evitare di essere trascinato sotto le vele e / o manovre fisse. E ‘possibile, ma purtroppo dubito, che i corpi saranno mai recuperati.
Avendo recentemente completato uno studio su un problema simile, la zattera non si è gonfiata perché assicurata male alla barca.
Questa tragedia non sarebbe dovuta accadere! L’ equipaggio del Cheeki Rafiki non è stato mandato in mare in condizioni di sicurezza e i responsabili dovrebbero pagare. Le famiglie delle vittime hanno il diritto di conoscere l’innavigabilità che i loro cari hanno pagato ad un prezzo terribile e che sono morti a causa della negligenza altrui.”
Capitano E. S. Geary, Ingegnere inglese, specializzato nella prevenzione e nella perizia di danni navali, membro del Royal Istitution of Naval Archtets (UK), membro del Society of Naval Architets and Marine Engineers (USA).
Chartered Surveyor (Admiralty & Maritime) – membro del Royal Institution of Chartered Surveyors
Registered Marine Surveyor – Federation of European Maritime Associations of Surveyors and Consultants
UK-Maritime & Coastguard Agency Code of Compliance Inspector (SCV), MCA/US Coast Guard/US Maritime Administration Certified ISPS Code Port/Facility, Company & Vessel Security Officer
La vicenda dei 4 velisti inglesi in breve
Paul Goslin, 56 anni, Steve Warren, 52, Andrew Bridge, 22, e James Male, 23 tutti indicati come velisti esperti, stavano tornando dall’Antigua Sailing Week, diretti alla loro base di Southampton, in Inghilterra. La barca, Cheeki Rafiki, è un first 40.7 di proprietà della società di charter Stormforce Coaching, specializzata in regate.
Il 15 maggio 2014 lo skipper Andrew Bridge segnala una via d’acqua a bordo e chiede all’armatore il premesso di dirigere verso le Azzorre. Per ore non si hanno più notizie della barca e venerdì 10 maggio viene dato il via alle ricerche.
Sabato 17 maggio la nave Maersk Kure avvista un relitto di un 40 piedi, rovesciato e senza bulbo, che corrisponde alla descrizione del Cheeki Rafiki. La nave riferisce inoltre che venerdì nella zona erano presenti onde di 5 metri e venti fino a 50 nodi.
Poiché la sopravvivenza in acque sui 15° non supera le 20 ore la US Coast Guard decide di interrompere le ricerche domenica sera, dopo aver avvertito le famiglie dei dispersi. Questa decisione scatena le proteste della comunità velica internazionale e del Regno Unito che, assieme alla petizione avviata da un amico dello skipper, convincono la guardia costiera americana a riprendere le ricerche nella giornata di martedì.
Nell’area di 100 miglia quadrate mille miglia a est di Cape Cod vengono convogliate le forze di aerei americani, canadesi e inglesi, cinque navi commerciali e almeno una trentina di yacht privati, alcuni addirittura salpati da Antigua.
Sabato 24 maggio 2014 un elicottero militare avvista finalmente lo scafo del Cheeki Rafiki, che viene raggiunto in poco tempo da una nave da guerra americana. Un sommozzatore verifica il relitto constatando che la zattera era ancora nel suo alloggiamento, senza registrare traccia dei dispersi. Il militare ha inoltre riferito che gli oblò erano rotti e che lo yacht era completamente allagato, senza bolle d’aria. Ciò toglie ogni speranza di trovare ancora in vita i quattro velisti inglesi dispersi.
Probabilmente non sapremo mai se questa interpretazione dei fatti è vera, certo è che più di un brivido è corso lungo la nostra schiena quando abbiamo letto le parole di Geary per la prima volta. La vicenda che ha tenuto col fiato sospeso tutto il mondo velico non è ancora del tutto risolta e chissà se lo sarà mai.
Voi cose ne pensate di questa teoria?