Rotte o aggiustate?
“E’ cambiato tutto!” diceva tempo fa un comico in una delle tante trasmissioni televisive di intrattenimento. In effetti molte cose sono cambiate nelle nostre vite, sia nel bene che nel male, tuttavia non è detto che questo equivalga sempre ad un “ovvio progredire”. Quando poi c’è di mezzo il mare (ambiente sul quale fino a fine ‘800 l’uomo si spostava per necessità molto più che adesso) l’esperienza umana si è sviluppata moltissimo offrendo ai posteri soluzioni che risultano ancora assai attuali. Un caso è rappresentato dal calcolo della rotta.
Qualcuno potrà obiettare che la rotta si traccia e non si calcola, ma è anche vero che dopo averla tracciata qualche calcolo e diverse valutazioni occorre comunque farli. Poiché però tracciando e calcolando si sbaglia, l’essenziale è saper valutare di quanto si è sbagliato, così da poter “aggiustare la rotta”: cosa semplice a dirsi ma non a farsi.
Tolte le grandi traversate a scopi commerciali o militari dove occorre consumare il meno possibile impiegando meno tempo possibile e le competizioni transoceaniche dove occorre arrivare prima degli avversari abbattendo i record, quel che resta sono le rotte nautiche a beneficio di noi diportisti, dove il tempo diventa più relativo (qui non inteso secondo Einstein) e dove la lunghezza è senz’altro più ridotta. Quindi il piano cartografico su cui figurativamente si naviga diventa una superficie piana e non sferica e pertanto la lossodromia e l’ortodromia quasi coincidono (quindi me ne guardo bene dal parlarne).
Come si calcolavano le rotte nautiche sino ad ora
Sommario Articolo
Le azioni che fino a qualche decennio fa il diportista faceva erano il risultato delle esperienze storiche di navigazione, che venivano e vengono insegnate ancor oggi nei corsi per la patente nautica:
– tracciare sulla carta nautica una linea retta con la matita, facendo attenzione alle secche e agli ostacoli terrestri (in particolare isolette e promontori che involontariamente talvolta stazionano proprio dove si vorrebbe navigare);
– leggere con le squadrette o col goniometro l’angolo di rotta rispetto al Nord vero, cioè rispetto al meridiano più vicino (o a quello più lontano tanto con la proiezione di Mercatore sia i meridiani che i paralleli sono tutti paralleli);
– convertire il N vero nel Nord bussola, togliendo la declinazione magnetica, la deviazione e l’angolo di scarroccio;
– dare l’ordine al timoniere, per esempio: “Rotta 118°”;
– rilassarsi e farsi una birra.
Ora – purtroppo per i nostalgici – andrò a dimostrare che quel che ho appena scritto è oltremodo difficile ed è (ed era) quasi del tutto inutile.
Un sistema tutt’altro che perfetto
La declinazione magnetica è un valore variabile nel tempo, tant’è che le carte nautiche andrebbero sì tenute aggiornate riportando gli avvisi ai naviganti ma andrebbero anche sostituite con carte nuove dopo qualche anno.
Se infatti per esempio ne avete una del 1995 che riporta una declinazione magnetica di 2° E con aumento annuale di 6’, succede che alla data odierna (2015) vi trovereste con una conversione pari a – 4° (= – (2°+ 6’ x 20 anni)), il che significa che la vostra rotta per 118° diventerebbe 114°. Se poi aspettate ancora un po’ di anni usando la stessa carta scoprireste che il Nord è diventato l’Ovest, il che non è né incoraggiante né possibile.
La deviazione dipende dalla posizione e dalle geometrie delle masse ferrose sulla vostra barca (e della quale voi dovreste avere conoscenza e taratura tramite la tabella delle deviazioni residue fatta da un perito compensatore iscritto al rispettivo Albo professionale)… peccato che anche solo una radiolina portatile col suo altoparlante influisca notevolmente sulla faccenda e peccato che la sensibilità della vostra bussola è ….. (vedi tra qualche riga !)
L’angolo di scarroccio poi è un qualcosa di assolutamente arcano: è il risultato finale del sommarsi o sottrarsi dell’andatura della vostra barca (se è a vela, tra bolina e lasco l’angolo varia di un bel po’ di gradi), delle forme dello scafo (se è basso stretto e fondo o se è alto largo e piatto reagisce al vento in modo molto diverso), della corrente presente (minestrone in continuo divenire tra salinità, temperatura, pressione atmosferica e maree).
Tanto per dire qualcosa sulla corrente, in alto Adriatico il suo movimento principale è in senso anti orario e raggiunge anche 1 nodo variando con la marea; così, attraversando dall’Italia alla Croazia capita sempre che quel che si perde verso SW (anche 4-5°) partendo lo si riguadagna verso NW prima di arrivare….ma non sempre e con la stessa entità.
Ma sul calcolo della rotta non è tutto qui!
Anche ammesso che per una fortuita coincidenza astrale l’operazione di conversione sia stata fatta correttamente, sfido qualsiasi timoniere a tenere una rotta di 118° con una bussoletta da diporto dove la sensibilità (cioè il valore tra una tacca e l’altra) è al minimo di 5°.
Povero timoniere: già gli sarà difficile far procedere la barca lungo una linea retta, quando poi sulla rosa potrà leggere solo 90° o 120° con in mezzo cinque tacche, farla procedere per 118° gli diventerà proprio impossibile!
Quindi quello che in realtà si faceva una volta, dopo aver tracciato la rotta, era: leggere sulla carta l’angolo rispetto al Nord vero, mettersi senza tanti calcoli al timone con molta buona volontà, non rilassarsi con una birra ma vigilare col binocolo alla ricerca di svariati punti cospicui nella speranza di riconoscerli e finalmente essere così in grado di “aggiustare la rotta”.
Così facendo si sbagliava un po’ – talvolta di un bel po’ – ma si arrivava ugualmente.
Come si calcolano le rotte nautiche ora
Oggi “è cambiato tutto”, come si diceva all’inizio. Oggi c’è l’elettronica. Basta avere batterie a bordo che diano corrente e si è a posto!
Dove vuoi andare ?
A PortoSantoSeguro?
- Imposta il Waypoint,
- Metti in moto il motor,
- Premi “auto” sul pilota automatico,
- Fatti una birretta!
- Se dopo un’ora vedi che la traccia se ne esce un po’ dal corridoio verso SW, correggi il pilota automatico con un -1°.
- Spalmati la schiena di crema protettiva e, se il motore non si spegne, l’elettronica ti porterà davanti ai fanali di PortoSantoSeguro.
Anche la tecnica attuale ha dei punti deboli
A questo punto uno può dire: se oggi è possibile dedicarsi alla birra e lasciare giù nell’angolo del carteggio il binocolo, evviva il progresso!
Sono d’accordo, però….
…Però navigando mi è successo che:
- per mare si incontra di tutto: navi, traghetti, pescherecci, tartarughe, relitti, tronchi, frigoriferi (semi-galleggiano perché hanno il polistirene nell’intercapedine), allevamenti ittici… Tutta roba che il GPS ignora;
- ci sono zone marine in cui il segnale dai satelliti viene annullato (credo ad opera dei militari sempre presenti in ogni paese) e il vostro GPS si rifiuta di darvi il punto e la rotta;
- il GPS funziona con del software che ha dei limiti e può risvegliarsi una mattina posizionandovi a Auckland invece che a Rovinij (dall’ altra parte del mondo, insomma);
- per mare si possono prendere anche i fulmini, e son dolori soprattutto per l’ impianto elettrico;
- bisogna sapere dove è collocata a bordo la bussola del pilota automatico per impedire a qualcuno di appoggiarci vicino una radiolina portatile…;
- è bene riconoscere col binocolo il campanile di una chiesa o la sagoma della sommità di una collina per poter dire “ecco, siamo qui!”: ciò è una gran bella soddisfazione per la psicologia di tutti a bordo.
Poi, dulcis in fundo, c’è ancora un aspetto da sottolineare:
Se l’elettronica è utilissima quando si naviga senza punti di riferimento (traversate o navigazione con scarsa visibilità), non lo è quando si fanno brevi navigazioni tra isole, golfi e promontori. In questi casi la traccia (anzi le tracce) delle linee spezzate delle rotte sulla carta nautica sono indispensabili, perché l’elettronica non riconosce se tra due punti del piano ci sia acqua o scoglio, cosa che invece per lo scafo è essenziale.
Oltre a ciò ritengo doveroso sottolineare un altro aspetto ancor più fondamentale per la riuscita di una crociera: la scelta di dove e quando navigare deve essere il risultato di una attenta valutazione delle previsioni meteo, delle scorte di bordo, dell’ospitalità e della sicurezza degli approdi di arrivo, tutti elementi che un GPS non può fornire e che richiederebbero molte più parole di quelle fin qui scritte.
Per ora la morale, del resto facilmente intuibile fin dall’inizio, è la seguente: comperiamo e usiamo pure l’elettronica per calcolare le rotte; se tutto funziona ci porta a destinazione anche nella nebbia più fitta, ma teniamo presente che l’elettronica è cieca perché unisce due punti con una linea senza guardare cosa c’è davanti alla prua della nostra barca; quindi continuiamo ad esercitarci con la matita, le squadrette e il binocolo, perché la cima di un monte o un faro continuano ad esserci e a farci capire dove siamo anche senza energia elettrica.
(Per la verità in queste condizioni non ho dubbi sulla visibilità del monte ma ne ho qualcuno su quella del faro).
59 anni, ingegnere romantico, sposato, divorziato, risposato, ho cambiato numerosi posti di lavoro, attualmente libero professionista, tre figli di cui uno adottato in Etiopia, navigo a vela da quando avevo 10 anni, ma amo anche la montagna e la bicicletta che mi mantiene sano (finora). Sono un anarchico cristiano.