C’è una grandezza fisica della Meccanica dei solidi che si chiama Momento di Inerzia Polare (Jp).
C’è una grandezza fisica della Meccanica dei fluidi che si chiama Portanza (P).
C’è una persona che vorrebbe avere sempre il massimo delle prestazioni e della versatilità che si chiama armatore (A).
Mentre tra le prime due grandezze esiste la possibilità che trovino reciproca soddisfazione, l’armatore è per definizione sempre insoddisfatto, soprattutto se trattasi di armatore di una barca a vela. Infatti le sue frasi sono sempre del tipo. “…Sì, ma se bolinasse un po’ di più!”, “…Sì, ma se fosse un po’ più ferma !”, “…Sì, ma se pescasse un po’ di meno!”.
Così, per poter dire qualcosa (ma proprio qualcosa) su tale argomento è bene prima vedere di capirci un po’ su Jp, su P e su A.
Come influisce il Momento di Inerzia Polare sulla chiglia
Sommario Articolo
Se esistono delle masse che girano (o oscillano) intorno ad un asse di rotazione, più esse sono lontane da esso più è grande il loro Momento di Inerzia Polare. Pensate a un pattinatore quando fa le piroette: quando avvicina le braccia al corpo la velocità di rotazione aumenta (piccolo Jp), quando allarga le braccia la velocità diminuisce (grande Jp). Questo perché si fa più fatica a muovere delle masse lontane tra loro che non se sono vicine.
Poiché la barca oscilla lungo due assi fondamentali, quello trasversale e quello longitudinale, essa può rollare o beccheggiare ma lo fa con ritmi diversi a seconda dei suoi Jp, cioè a seconda di come sono disposte le sue masse in larghezza e in lunghezza. In una barca esistono pertanto due Jp, uno che governa il beccheggio e uno che governa il rollio.
Quindi più una lama di deriva è profonda (e magari è anche dotata di massa concentrata all’estremità), più i movimenti oscillatori si fanno lenti; viceversa più una deriva è sviluppata nella direzione della chiglia e poco profonda (chiglia strutturale), più i movimenti oscillatori si fanno rapidi.
Del resto il Momento di Inerzia Polare non è condizionato solo dalla geometria della lama di deriva, ma anche per esempio dalla posizione dei serbatoi di bordo (i liquidi pesano assai), i quali più sono vicini al baricentro della barca (piccolo Jp) più essa si adatta alle sollecitazioni del moto ondoso assecondandolo.
Questo sommariamente per quel che riguarda Jp.
La portanza (P)
Per quanto concerne P, invece, quando facciamo viaggiare una lama in un fluido (aria o acqua che sia), basta imporre un piccolissimo angolo rispetto alla direzione del moto che immediatamente si attiva una forza trasversale alla lama che si chiama Portanza. Per capirlo basta pensare alle pale del ventilatore o di una qualsiasi elica, che hanno un certo angolo e quindi sono in grado di produrre una spinta che è la somma del contributo di ogni pala.
Tutti sanno anche che la Portanza è la forza che mantiene in volo gli aerei (purché continuino ad avanzare), ma pochi sanno che a parità di superficie della lama (cioè dell’ ala) P è maggiore se la lama è lunga e stretta, è minore se è corta e larga.
Lo sanno benissimo gli uccelli come i gabbiani e i piccioni che hanno le ali molto diverse tra loro e che volano quindi in modi molto diversi: i primi sbattono poco le ali e possono veleggiare spinti dal vento, i secondi devono fare molta forza e si stancano presto…infatti i primi vivono tra le onde e percorrono miglia, i secondi vivono nelle piazze delle città e fano voli brevissimi.
PICCOLA PARENTESI SULL’ATTRITO:
C’è una sottigliezza da precisare sulle estremità delle lame di deriva (o delle ali degli uccelli). Ogni profilo che generi portanza crea un vortice alla sua estremità che aumenta gli attriti e riduce le prestazioni… infatti gli
uccelli rapaci (che sono delle vere e proprie “Formula 1” del volo) hanno le estremità delle ali dotate di “anula”, come oggigiorno hanno tutti gli aerei di linea per i quali la limitazione dei consumi è importantissima. Questo fenomeno, cioè la creazione del vortice, esiste solo quando la lama crea portanza (nelle barche a vela cioè quando l’andatura è di bolina o traverso), mentre praticamente non esiste in poppa. Infatti alcune barche hanno l’estremità della lama di deriva (o anche il bulbo) dotato di alette.
Le fisime dell’armatore
Visto qualcosa su Jp e su P, è ora indispensabile parlare di A e delle sue fisime…
Ci sono armatori che vogliono vincere le regate o che semplicemente, se vanno a spasso, devono riuscire a stringere il vento e ad arrivare prima di qualsiasi altra barca a vela incontrino per mare. A loro serve una lama di deriva sottile e fonda e con più zavorra possibile e posta il più lontano possibile dallo scafo: è il bulbo sospeso, magari anche dotato di alette.
Ne risulta una barca “rigida” che mal si adatta ai movimenti del moto ondoso e che cerca di rallentarli opponendovisi ma, allo stesso tempo, che è in grado di sopportare la spinta di molti metri quadrati di vela e che sa creare una grande Portanza e quindi limitare lo scarroccio.
Purtroppo però gli sforzi sull’attacco tra lama di deriva e guscio (su queste barche è difficile parlare ancora di chiglia), che sono affidati a bulloni e piastre di diffusione o lame di acciaio o putrelle, sono veramente enormi e soggetti a fenomeni di “fatica” (in gergo ingegneristico si dice così quando le sollecitazioni continuamente vanno e vengono come quando si vuole rompere un filo di ferro con le dita)… Infatti qualche volta è successo che la lama di deriva si sia staccata, con conseguente quasi istantaneo affondamento del tutto…
Altri armatori invece (sempre di una barca a vela) sono più interessati alla crociera pura e preferiscono poter raggiungere i luoghi più ridossati delle baie, dove l’ acqua è bassa e i moletti sono sempre liberi. A loro serve una barca con deriva mobile, dato che comunque per navigare a vela una lama di deriva deve pur esserci: le prestazioni boliniere vanno a farsi benedire, quelle di poppa non ne soffrono, ma i congegni meccanici o oleodinamici per movimentare la parte mobile della lama devono funzionare sempre e bene.
È un discorso difficile, perché tutto ciò che non c’è non si può rompere, ma tutto ciò che c’è si può rompere…quindi la manutenzione è più che doverosa ma risulta anche particolarmente difficoltosa. Senza contare il fatto che in caso (raro) di scuffia, non solo la lama retrattile deve essere completamente estesa ma deve anche mantenere la sua posizione, sennò….
Altri armatori invece amano il compromesso: vogliono prestazioni boliniere buone e poco pescaggio, movimenti più morbidi sull’onda e, se viene vento, trovano giusto ridurre vela per tempo. A loro serve una barca con chiglia lunga strutturale, come si progettava una volta, prima degli anni ’70.
In queste barche gli sforzi tra deriva e scafo erano molto più modesti perché ripartiti lungo tutto il guscio (o fasciame, secondo il materiale). Oltre a questo le prestazioni boliniere erano buone, soprattutto con venti leggeri, perché le sezioni dello scafo garantivano la minor superficie bagnata possibile: erano le famose “sezioni stellate” che tanto (e giustamente) piacevano a Carlo Sciarrelli. Infatti con vento leggero gli attriti di superficie sono preponderanti rispetto a quelli della formazione del moto ondoso e meno superficie dello scafo è a contatto con l’ acqua più esso corre.
Il neo nelle prestazioni di questi tipi di scafo era ed è nelle andature portanti e nella poppa piena, dove le linee dello scafo tendono inesorabilmente a chiudersi a poppa e non consentono elevate velocità nella navigazione a motore, né una grande abitabilità nei locali poppieri. Altro neo non trascurabile: le manovre in porto a motore a macchina indietro con questi scafi risultano molto difficili perché sono caratterizzati da una elevata stabilità di rotta, e infatti in genere hanno le pale del timone piuttosto piccole.
Compromesso per compromesso, potrebbe oggi essere interessante produrre per la crociera uno scafo largo a poppa ma con chiglia lunga strutturale e elica di prua; le linee d’ acqua si potrebbero disegnare ugualmente…ma verrebbe poi acquistato dal mercato? Mah…. l’ecletticità di A è sempre imprevedibile. Infatti mentre la fisica ha ormai da secoli spiegato bene sia Jp che P, nulla sa spiegare di A.
Per riuscire a spiegare un po’ di A la fisica deve lasciar posto alla psicologia e talvolta purtroppo anche alla psichiatria!
59 anni, ingegnere romantico, sposato, divorziato, risposato, ho cambiato numerosi posti di lavoro, attualmente libero professionista, tre figli di cui uno adottato in Etiopia, navigo a vela da quando avevo 10 anni, ma amo anche la montagna e la bicicletta che mi mantiene sano (finora). Sono un anarchico cristiano.