Poiché questo sito è dedicato all’ “ormeggionline”, credo sia appropriato raccontare una esperienza dove citazioni e nomi sono stati volutamente artefatti, ma dove la “moraleonline” resta più o meno intatta.
Era una sera d’estate (anzi una notte, perché era senz’altro molto tardi) nella darsena di Castelgrossodigrottaferrata a Mare.
Ce ne stavamo, in assenza di vento, la mia barca ed io sul corpo morto con la poppa in banchina affiancati ad altre barche.
C’era una luna piena proprio sulla testa che ce la stava mettendo tutta per far vedere che riusciva a far chiaro più del sole: un biancore incredibile sulle coperte delle barche; tutti gli equipaggi di quel grande condominio che diventa una darsena da diporto in una notte estiva se ne stavano in cuccetta a dormire, eccetto due coppie di tedeschi di mezza età sedute nel pozzetto di un motorsailer dotato di cuscini imbottiti e di lampara incassata sotto il boma per vederci bene cenando all’aperto, le quali avevano il fatale difetto di parlare troppo piano e quindi di riuscire a svegliare tutti ogni volta che scoppiavano a ridere tutti insieme (cioè precisamente ogni due minuti e mezzo).
Pare impossibile ma i tedeschi, che sono maestri in tante cose, sono insuperabili nel raccontarsi le barzellette a cronometro: non si sente nulla anche a due metri di distanza, ma allo scadere del tempo non c’è barriera di piombo che li trattenga, forse per sottolineare a tutti gli altri quanto siano simultanei e precisi anche nel divertirsi.
Quando finalmente le barzellette cessarono e si spense quel tipo di faro sotto il boma del motorsailer, tutta la darsena riuscì finalmente a prender sonno.
Ad un certo momento della notte, come materializzatosi dal nulla, ecco il ronzare di un diesel monocilindrico che si avvicina, cala di giri, mulina nell’acqua, inverte, accelera, mulina ancora, cala, inverte, cresce; si sente uno scoppiettio di bollicine molto vicino allo scafo e poi schiuma che scorre; un tonfo nell’acqua, gran tramestio di maglie di catena che stanno facendo di tutto per giocare a rincorrersi per fare il bagno e poi una voce dubbiosa accompagnata da una più squillante e decisa si sparge per la darsena. La dubbiosa diceva in un linguaggio sconosciuto ma inspiegabilmente comprensibile: “Ma non stiamo facendo troppo casino?” La squillante e decisa diceva con le stesse modalità di cui sopra: “Ma che ti frega, legati a qualcosa che ho fame e sonno!” Seguiva poi un battibecco tra le due voci che tradotto significava: “Hai visto che pienone? – Me ne frego, taci che sei un imbecille! – Era meglio fermarci a Vattelappesca e non parlarmi più così ché son stufo anch’io! – Io parlo come mi pare, a Vattelappesca stacci tu, scemo! – Scemo un corno, se non era per me saremmo ancora in mare! – Vuoi dar volta a quella cima o no?”
La cosa di per sé era comica, nel senso che dalla mia cuccetta non riuscivo a distinguere che linguaggio o dialetto adottassero quelle voci, però la loro intonazione via via crescente di volume e incisività non dava adito a dubbi sul contenuto del messaggio: il fatto è che erano circa le tre di notte e quindi la faccenda si trasformava da comica a molto, molto seccante.
Molti altri la pensavano come me infatti, col sottofondo del monocilindrico che era stato senz’altro dimenticato acceso dalla voce squillante e decisa, un’altra voce echeggiò vicino parlando decisamente in italiano, poi un’altra più lontano in sloveno, poi un’altra ancora in italiano, poi quella di un cane di cui non distinguevo il paese di provenienza, un’altra molto lontana senza dubbio con grave accento teutonico ed ancora un’altra vicinissima e femminile così intensa da rendere incomprensibili le parole e quindi anche il suo paese d’origine.
Bene, come se nulla fosse successo il diesel continuò ad andare ancora per mezz’oretta; i suoi proprietari si erano evidentemente ritirati sottocoperta per farsi probabilmente uno spuntino e solo quando ritennero essere arrivato il momento di spegnere le luci decisero anche di spegnere il monocilindrico, così da far immediatamente capire a tutti che avevano le batterie a terra e che il motore acceso serviva solo per fare luce.
Con una coda di proteste più o meno lontane che andava progressivamente affievolendosi, la notte riprese la sua consueta funzione incantatrice, e tutti ripresero sonno…
…Ma solo fino alle quattro e tre quarti di quella stessa mattina, ora in cui tutta la darsena fu risvegliata da un possente colpo di sirena, seguito di lì a poco da una successione di altri tre o quattro colpi.
Quando la nave-cisterna arriva in porto il tuo sonno è finito
Proprio quella mattina infatti arrivava la nave-cisterna per rifornire di acqua il paese; manco a dirlo doveva proprio passare rasentando i corpi morti, ma non poteva farlo perché, messo di traverso con l’ancora sopra le catenarie e la poppa legata ad un palo, stava beatamente ormeggiata la barca delle due voci giunta qualche ora prima.
Si svegliarono tutti quella notte, anzi dovrei dire quella mattina: alle cinque, col primo chiarore, la scena era indescrivibile.
Il comandante della nave-cisterna andava avanti e indietro in plancia bestemmiando; due italiani con un francese, giunti sottobordo alla barchetta protagonista di quell’imbroglio, cercavano di sciogliere il groviglio di ormeggi che si era formato a poppa.
Uno sloveno con un austriaco, a bordo di un motoscafo di un tedesco, stavano aspettando che il gruppetto a poppa avesse finito per rimorchiare via da lì la barchetta.
Svariate centinaia di occhi gonfi ed arrossati seguivano lo svolgersi degli eventi dai pulpiti delle rispettive imbarcazioni, sempre più increduli sull’esito della manovra perché ormai a tutti (ma soprattutto al comandante della nave-cisterna) appariva chiaro che l’ancora della sciagurata barca delle due voci si era impigliata nella catenaria dei corpi morti.
Il grigiore dell’alba aveva lasciato spazio al rosa pastello dell’aurora quando, in quella babele di urla e di ordini espressi simultaneamente con accenti latini, teutonici, austroungarici e illirici si levò sublime uno squillante e deciso “Sorry” perfettamente anglosassone.
Era di una delle due voci che finalmente, avendo udito un po’ di tramestio e ficcatasi in bocca una pipa spenta, era salita in coperta dove subito si era messa a dare una mano con movimenti pacati, come se la barca fosse stata di un altro.
Di lì a poco la matassa fu sciolta, la barca delle due voci venne tirata in parte, la nave-cisterna passò e accostò al molo del paese, ognuno tornò alla propria barca (meno l’austriaco e lo sloveno che trovarono modo di offrirsi vicendevolmente una buona birra mattutina) e la voce, quella squillante e decisa che era uscita in coperta dotata di pipa spenta, pensò molto pacatamente di tornarsene a dormire soprattutto per non lasciare sola l’altra voce che pareva non essersi accorta proprio di nulla.
Lo spirito giusto del diportista
Ben, tutto si svolse come un temporale senza pioggia: una volta passato era come se non fosse successo niente.
Credo che storie del genere accadano ogni anno in moltissime darsene, non solo in quella di Castelgrossodigrottaferrata a Mare o di Vattelapesca e mi è difficile esprimere dei giudizi; così difficile che forse è più saggio non darne. Una darsena assomiglia più ad un rifugio alpino che ad un hotel, pertanto la tolleranza nei confronti di arrivi e partenze in orari inconsueti è normale, ma è anche un luogo dal quale ci si aspetta tranquillità. Di tutte le persone implicate nella vicenda mi azzarderei a dire che solo due l’hanno interpretata nel modo più saggio e cioè con lo spirito giusto del diportista che gode della necessaria tranquillità d’animo: l’austriaco e lo sloveno.
Forse non sarà particolarmente salutare iniziare la giornata con una buona birra, ma dimostrare spirito di fratellanza di fronte a una nuova giornata di ferie è quanto di meglio possiamo regalare a noi e a tutti coloro che stanno a bordo con noi.
59 anni, ingegnere romantico, sposato, divorziato, risposato, ho cambiato numerosi posti di lavoro, attualmente libero professionista, tre figli di cui uno adottato in Etiopia, navigo a vela da quando avevo 10 anni, ma amo anche la montagna e la bicicletta che mi mantiene sano (finora). Sono un anarchico cristiano.