Abbiamo già parlato qui di alcune tra le principali applicazioni della stampa 3D nel settore della nautica da diporto, ad esempio per realizzare un componente specifico per una barca, come può essere un timone, un’elica e altro ancora, o anche per creare un’intera imbarcazione stampandola appunto in 3D.
Oggi vogliamo parlare di altre due interessanti applicazioni della stampa 3D, sempre nel settore nautico in senso lato: da una parte, l’utilizzo di tale tecnologia da parte delle principali marine militari mondiali e, dall’altra, la stampa 3D posta al servizio dell’archeologia subacquea.
Le Marine militari e la stampa 3D
La Marina militare americana e quella britannica sono, da questo punto di vista, all’avanguardia, visto che già da tempo hanno portato direttamente a bordo delle loro navi vari modelli di stampanti 3D, ad esempio per produrre direttamente in loco componenti plastiche che gli equipaggi possono utilizzare o per creare droni all’occorrenza e lanciarli in missioni specifiche. Proprio la disponibilità di droni aerei o marini privi di equipaggio da utilizzare sia per missioni di superficie sia sottomarine rappresenta un concreto potenziamento per le marine militari di tutte le nazioni e, soprattutto, consente di evitare l’esposizione degli equipaggi stessi a condizioni di rischio e pericolo. Le missioni in questione possono essere di vario tipo: dall’individuazione ed eliminazione di mine esplosive a interventi umanitari passando per controlli di routine.
In questo senso, agli equipaggi sarà richiesto un diverso tipo di training, decisamente più orientato al controllo e alla gestione di questi sistemi robotici che non all’azione diretta.
La stampa 3D al servizio dell’archeologia subacquea
In America gli archeologi subacquei sono al lavoro già da parecchi anni per rendere fruibili al grande pubblico i segreti nascosti sui fondali marini e lacustri, quelli silenziosamente custoditi nei relitti di navi e imbarcazioni tragicamente naufragate.
Come ci riescono? Attraverso la tecnologia della stampa 3D.
Anche il cittadino medio sarà dunque in grado di comprendere il valore inestimabile di questo patrimonio subacqueo, che rappresenta una parte significativa della storia di ogni popolo che ha avuto rapporti con i trasporti su acqua, proprio grazie alla riproduzione di modelli digitali stampati in 3D.
Non solo. Anche il lavoro degli stessi archeologi sarà notevolmente facilitato proprio dall’implementazione della stampa 3D in questo settore.
Pensiamo a che cosa significhi immergersi a profondità elevate, con tutti i rischi e i pericoli che tali immersioni comportano, anche per i subacquei professionisti. Senza scordare che spesso non vi sono stanziamenti sufficienti per portare a termine tutte le analisi necessarie, sia in termini di fondi sia in termini di tempo sia in termini di risorse.
Fino a oggi gli archeologi subacquei hanno fatto un ottimo lavoro scattando centinaia di fotografie e registrando migliaia di minuti di video per cogliere al meglio tutti gli aspetti di questi tesori sommersi. Ma oggi, finalmente, potranno compiere un passo ulteriore: ovvero, inserire queste preziose immagini all’interno di software specifici e all’avanguardia ottenendo dei modelli tridimensionali dei relitti in questione che potranno essere studiati in condizioni decisamente più favorevoli rispetto alle profondità del mare o al fondo di un lago.
Rispetto a una foto, inoltre, un prototipo 3D può essere osservato da tutti i lati e rappresenta una riproduzione in scala perfetta.
Si tratta dell’evoluzione della cosiddetta fotogrammetria, una tecnica di rilievo già utilizzata da tempo nella cartografia, nel rilevamento topografico e anche in architettura: in pratica, a partire da una serie di immagini, è possibile ricreare modelli 3D allineando le varie sequenze di foto e ricostruendo le diverse posizioni di scatto.
Qual è la situazione in Italia?
I mari che circondano la nostra penisola sono ricchi di relitti marini, soprattutto navi di epoca romana che trasportavano vari tipi di merci lungo le rotte di navigazione del Mediterraneo. E molti furono i naufragi che in epoca antica coinvolsero queste imbarcazioni, seppellendo i loro carichi e il loro equipaggio nel silenzio e nel buio dei nostri fondali.
Equipe di archeologi italiani hanno già realizzato una ricostruzione preliminare in 3D del cosiddetto relitto di Marzamemi, avvalendosi anche della collaborazione di ingegneri. Si tratta del relitto di un carico navale che trasportava, intorno al 600 d.C., vari elementi architettonici destinati alla costruzione di una chiesa bizantina e provenienti presumibilmente da Oriente.
Quello che è certo è che l’utilizzo della stampa 3D al servizio dell’archeologia subacquea e della fotogrammetria può offrire un grossissimo contributo al modo in cui finora sono stati analizzati e studiati i relitti marini.