Ci sono grandi imprese, compiute da un singolo o pochi uomini, che vale proprio la pena di raccontare. Guardiamo l’orizzonte chiedendoci cosa ci sia laggiù ma qualcuno trova il coraggio di sfidarlo davvero, armarsi e partire per una di quelle esperienze da cui non torni mai lo stesso.
Questo ha fatto Sergio Davì che, mosso da una grande passione per il mare, ha deciso di salpare da Palermo, alla volta di Rio de Janeiro con Elenka, un gommone Noah di 29 piedi, e un equipaggio composto di altri due uomini (Massimo Rocca e Alessio Bellavista). Dopo le prime 1600 miglia, percorse con più tappe tra Tunisia, Algeria e Marocco, spesso con cattivo tempo, al largo di Lanzarote un motore prende fuoco e lo sfortunato incidente pone momentaneamente fine alla spedizione.
Ci siamo fatti raccontare in prima persona da Sergio Davì sensazioni e momenti di questa avventura…
Palermo-Amsterdam nel 2010, Palermo-Circolo Polare Artico nel 2012 e ora Palermo-Rio de Janeiro in gommone. Perché lo fai? Cosa ti spinge?
Sommario Articolo
“Io mi imbarco in queste esperienze come armatore, organizzatore e comandante. Quello che mi spinge a fare tutto ciò è la grande passione per i gommoni e per il mare, che ho sempre avuto, ma per me questo è anche un lavoro. Organizzare una spedizione del genere comporta mesi di duro lavoro che coinvolge un intero ufficio operativo, coordinato da Dionisia Bellavista, (colgo l’occasione per ringraziarla ufficialmente). Bisogna organizzare le tappe, trovare gli sponsor, contattare le autorità…
Quando avevo 4-5 anni di età mio padre possedeva una piccola barca a motore, quando non uscivo in mare con lui, mi allontanavo circa 10 metri dalla costa a remi e mi fermavo a pescare, usando un sasso legato ad una cima al posto dell’ancora. Mia madre era preoccupatissima e non mi perdeva d’occhio!”
“In realtà ho sbagliato a scrivere nel diario di bordo, le ore erano 28 abbondanti, quasi 29! La vita in gommone è dura, a causa dello spazio ristretto. Vengono fuori difficoltà legate più che altro alla convivenza forzata dell’equipaggio; tutto quello che di norma fa parte del nostro carattere viene amplificato e dopo una discussione non puoi certo andare a farti un giro per schiarire le idee.
28 ore sono davvero stancanti! Quella volta poi siamo partiti molto presto, con mare mosso, infilandoci in una finestra di tempo tra una perturbazione e un’altra. Si riposa a turno, cedendo il timone, ma da comandante non è facile, salti in piedi al primo rumore diverso che avverti e non riposi mai davvero.”
Nel vostro diario di bordo ci sono numerosi riferimenti ai marina che vi hanno ospitato, alle autorità e a persone del luogo. Avete sempre trovato una buona accoglienza?
“Non abbiamo mai incontrato particolari problemi ma sempre una buona accoglienza e siamo stati sottoposti a normali controlli. Io mi sono trovato bene ovunque, in particolare in Algeria e in Marocco l’accoglienza è stata sorprendente.
Il segreto è non viaggiare con la pretesa di mangiare spaghetti ovunque ma, al contrario, con la consapevolezza di essere ospiti. Ho imparato durante le mie avventure che con un sorriso si risolve tutto con più facilità.”
Come si vive a bordo di un gommone di 29 piedi? Dormire, mangiare, lavarsi, divisione dei compiti…
“Devo dire che Massimo e Alessio sono stati molto in gamba! A bordo vivi bene per certi aspetti e male per altri. Ti manca la tua privacy e vorresti un po’ di tranquillità. Paradossalmente la difficoltà più grossa non è la vita che fai ma la condivisione. Forse navigare in solitario per questo verso è più semplice ma d’altro canto avere un equipaggio ti aiuta.
La fase della pianificazione è la più importante, una buona organizzazione è fondamentale per intraprendere una missione simile. Spesso si tende a sottovalutarla!
In gommone dormivamo a poppa, montando una tenda sopra il prendisole, e a cucinare era spesso Massimo. Durante le navigazioni invece uno di loro era sempre al mio fianco e controllava la strumentazione. Quattro occhi sono sempre meglio di due!”
Il 09/03/15, a circa 30 miglia da Lanzarote avete scoperto un principio d’incendio. Come ve ne siete accorti?
“Innanzi tutto c’è da dire che in realtà a bordo eravamo in 4. Durante l’ultima tappa avevamo imbarcato un ospite francese, con l’autorizzazione della polizia e ovviamente dopo i dovuti controlli. Eravamo molto contenti di arrivare alle Canarie, che rappresentavano per noi una sorta di traguardo intermedio, perciò in quel momento stavamo ascoltando musica e chiacchieravamo rilassati. Vero le 17.00 uno dei motori si è fermato di colpo. Mi giro e vedo il fumo che esce, apro il portellone della sala macchine e scatta l’antincendio.
Io ho portato subito l’ospite a prua, purtroppo avevamo il fumo sopravento e senza motori non potevamo girarci. Abbiamo preso estintori e secchi d’acqua per spegnere l’incendio, io nel frattempo ho liberato la zattera e attivato l’EPIRB. Come dico sempre le barche sono come un fiammifero, nel tempo che si accendono e si spengono sono già bruciate. Abbiamo lanciato anche il Mayday alla capitaneria di porto, già attivata dal segnale dell’EPIRB, e dopo circa un paio d’ore sono arrivati i soccorsi, che ci hanno trainato a Lanzarote.”
Avete spento l’incendio in 60 secondi, segno che eravate perfettamente lucidi. Cosa si prova ad affrontare un’esperienza del genere e come si evitano gli effetti del panico?
“Hai un solo pensiero: tutto quello di cui hai sentito parlare in quel momento lo stai affrontando davvero. È come diventare improvvisamente attore di una scena che hai visto più volte recitata da altri.
Non siamo andati nel panico, è stato tutto automatico. Sapevamo dove fossero gli estintori, l’EPIRB e la zattera era posizionata correttamente, a portata di mano. Sapevamo tutti cosa fare!”
Quali sono state le cause dell’incendio?
“Grazie alle perizie che sono state fatte dovrebbero arrivare nei prossimi giorni le prime risposte ma ancora non sappiamo nulla di certo. A me interessa capire quale sia stato il problema e risolverlo.”
I prossimi passi?
“Ora il gommone sta rientrando in Italia, dove verrà riparato. Ad ottobre-novembre riprenderemo l’avventura da dove l’abbiamo lasciata, partendo da Lanzarote verso Rio de Janeiro.”
Suppongo sia inutile chiedere quale è stato il momento più brutto di questa prima parte della missione, ma quello più bello?
“Sicuramente la partenza, dove il tuo sogno si realizza! Inizi a vivere realmente tutto ciò che prima avevi solo pianificato.”
Ti rifarò questa domanda quando sarai arrivato a Rio…
Ciuri Ciuri Mare è un associazione sportiva, senza scopo di lucro. Come reperite i fondi? Si può partecipare in qualche modo?
“Assolutamente si, nei prossimi mesi organizzeremo una raccolta fondi. Normalmente abbiamo degli sponsor che finanziano le nostre spedizioni ma questa volta, a causa dell’incidente, abbiamo sforato ogni previsione di spesa. Organizzeremo qualcosa di divertente per coinvolgere quante più persone vorranno partecipare, magari regalando delle bandiere.”
Ringrazio Sergio Davì per aver risposto con grande umiltà e cortesia alle nostre domande e invito tutti voi a seguire Ciuri Ciuri Mare su Facebook o sul sito web per restare aggiornati!