E’ vero e lo sappiamo tutti; la crisi economica mondiale iniziata nel 2008 ha colpito violentemente anche l’intero comparto della nautica da diporto. Durante ogni fase recessiva sono sempre i c.d. beni voluttuari, come può essere l’acquisto delle imbarcazioni ed il loro uso, ad essere primariamente ed inevitabilmente abbandonati (specie in una Paese dove si è affermato l’erroneo principio che ad ogni diportista equivalga un evasore fiscale). In questo contesto l’Italia si è inoltre distinta assumendo decisioni scriteriate che hanno favorito l’intensificazione del già grave fenomeno in corso.
L’introduzione della famigerata tassa di stazionamento/possesso, che ha permesso all’erario di incassare un totale di 25/28 milioni di euro (rispetto ai 200 attesi), ha infatti concorso acché, nel quinquennio 2008/2012, il contributo della nautica al PIL nazionale precipitasse da 5,55 miliardi di euro a meno di 2 miliardi* con le ripercussioni ovviamente estese al capitale umano che ha visto un vero e proprio tracollo sia degli addetti diretti che indiretti dell’industria nautica. I porti turistici nazionali, già alle prese con lo scellerato aumento dei canoni di concessione demaniale del 2007, con la Tarsu/Tares, con una burocrazia disomogenea fra le Regioni ed una normativa fiscale in continua trasformazione, hanno naturalmente patito le ripercussioni dovute all’andamento del comparto nautico assistendo ad una massiccia fuga verso l’estero di diportisti e ad un crollo di ormeggi e spese. Ad oggi, sebbene i timidi segnali di ripresa, sembra essere ancora lontano il momento in cui si potrà stappare la bottiglia di champagne per salutare una vera ripresa che, comunque, difficilmente permetterà di rivedere a breve termine i caratteri e la crescita dei primi anni di questo secolo.
Fatta questa doverosa premessa, a distanza di ormai sei anni dall’inizio di questo inaspettato contesto che ha bruscamente segnato l’intero settore turistico nautico mondiale, è forse giunto il momento di provare a porci un interrogativo:
“Lo stato di sofferenza della portualità turistica nautica italiana è determinato esclusivamente da questi elementi?”
Diciamolo subito chiaramente a scanso di equivoci: non vi è alcun dubbio che la causa predominante, principale e determinante sia legata a quanto rappresentato. Il punto che però si vuole qui affrontare è: dopo questi sei lunghi anni che cosa si sta facendo per affrontare efficacemente questa congiuntura e provare a trasformare la crisi in un momento di crescita? Si stanno cioè modificando le abitudini, le convinzioni, la visione e l’approccio verso la concezione della gestione di un moderno porto turistico? C’è in sostanza un processo di adeguamento alle modifiche imposte da questo “nuovo” mercato?
Albert Einstein così scrisse nel 1931 in merito alla crisi (tratto da “Il mondo come io lo vedo”):
“
Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza. L’ inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.”
Tesi interessante soprattutto se correlata alla definizione che il dizionario on line Treccani dà della parola crisi: “scelta; decisione”. Proviamo dunque a porci alcune domande: quali sono le scelte effettivamente prese per il nostro porto turistico? Sono state efficaci? Quali soluzioni e vie di uscita abbiamo cercato? Quali decisioni abbiamo preso? N.B. la risposta riguardante la riduzione del personale e dei costi per le manutenzioni, seppur si volessero considerare azioni di cambiamento e rilancio, non è contemplata.
Cosa possiamo cambiare nella gestione del marina turistico
La situazione della portualità turistica nazionale, senza ovviamente generalizzare, sembrerebbe ad oggi mostrare modelli di gestione ancorati a schemi superati, ad idee e concetti non più adatti alla attuale situazione di mercato. Per motivi di brevità non è possibile soffermarsi su approfondimenti completi ma si proverà ad elencare alcuni spunti di riflessione per una successiva analisi.
- Integrazione del porto con la città. Il concetto di porto turistico è evoluto in quello più ampio di destinazione turistica integrata con il territorio retrostante. L’area portuale è una nuova porta di ingresso per queste destinazioni che permetta di accogliere il cliente in maniera completa e fargli vivere esperienze nuove.
- Marketing digitale.
Non è un segreto per nessuno che, pur vivendo nell’epoca del Web 2.0, molti marina non abbiano un sito internet o che questi siano obsoleti, inattivi o monolingue. Ancor meno sono i porti turistici che abbiano “abbracciato” con decisione i social network ed il marketing digitale. Una destinazioni turistica moderna può davvero permetterselo?
- Formazione. In questo contesto di profondo cambiamento è indispensabile una maggiore e migliore qualificazione professionale di tutto il personale operante nell’organizzazione gestionale del marina (commerciale, nautico, etc.). Figura principale di questo processo di professionalizzazione è il Direttore del Porto (o Marina Manager) le cui capacità tecniche rappresentano ormai una piccola parte del vasto bagaglio di competenze che deve possedere chi gestisce questi resort turistici estremamente complessi.
- Piano ormeggi e flessibilità. I modelli, le lunghezze e le forme delle unità da diporto sono cambiati. Gli standard astratti (8 mt; 10 mt; 12 mt. etc.) a cui si è abitualmente fatto riferimento per la composizione del piano dei posti barca deve tener conto delle nuove tendenze di mercato per evitare l’auto-esclusione da una o più fette di mercato.
- Revenue Management. Implementazione di una vera strategia di Yeld/Revenue management da anni utilizzato con successo nel trasporto aereo e rapidamente traslato al settore alberghiero dove si è velocemente diffuso.
- Brand e retail. Elegante, chic, gipsy, casual, sportivo etc. Quale stile volete contraddistingua il marina? Che vestito volete fargli indossare? E’ una decisione importante e difficile perché dipende da una serie di elementi che, legati insieme, contribuiranno al successo del marina.
- Customer care. Il rapporto con il cliente è uno dei beni più preziosi per ogni marina. Per essere duratura e profittevole questa relazione deve basarsi necessariamente su un rapporto di fiducia tenendo conto che il punto di vista deve però essere quello dell’utente.
Questi, come scritto, sono naturalmente solo alcuni spunti di riflessione ma è bene ricordare comunque che dietro ogni singolo concetto c’è un ampio lavoro da realizzare e, soprattutto, che ogni sistema prima di essere tale è un insieme di persone fatte di passioni e conoscenze, capacità e percorsi. Il sistema della cantieristica da diporto italiana, ad esempio, non sarebbe diventato leader mondiale se negli ultimi vent’anni non ci fossero stati grandi imprenditori e dirigenti capaci. Le persone dunque fanno sempre la differenza e contribuiscono, operando con etica ed onestà, a delineare quello che dall’esterno viene visto come “sistema” fornendo al cliente la percezione di poter essere parte attiva della vita del marina.
* Fonte La Nautica in cifre-UCINA. Andamento del mercato per l’anno 2012-Prime stime per l’anno 2013. Ing. Stefano P. Isnardi